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Libri/6 La nostra vita è la storia che ci raccontiamo

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Subito una citazione. Doverosa, giusta, necessaria. Julian Barnes scrive e lo fa a dire al protagonista del suo romanzo “Il Senso di una fine” (Einaudi edizioni, 17,50 euro), Tony Webster: “La nostra vita non è la nostra, ma solo la storia che ne abbiamo raccontato”. Gira e rigira, nonostante il colpo di scena finale del romanzo (un po’ forzato, ma l’attesa era stata comunque creata a dovere), al termine della lettura di questo libro si fanno i conti proprio con questa frase appena citata. Che cos’è o meglio che cos’è stata la nostra vita, almeno nel bilancio che è costretto a fare dall’inaspettata rivoluzione degli eventi il protagonista del romanzo? Ho letto questo libro in un paio di giorni e l’ho iniziato subito dopo aver terminato “Limonov”. “Limonov” è la vita, decisamente romanzata, di un uomo degli eccessi. Ma Limonov in persona sarebbe riuscita a scriverla e a raccontarla così se quella biografia fosse stata un’autobiografia? Gli ci voleva uno scrittore, anche se lui Limonov è uno scrittore. E la citazione iniziale torna prepontemente. Solo quando ci troviamo a riflettere, magari a colpi di nostalgia, sul nostro passato, su quel vissuto che magari a intermittenza torna nel presente, che ci poniamo il problema: ma abbiamo davvero vissuto così come la stiamo raccontando la nostra vita? Tony nel libro scopre, piano piano, facendo i conti col passato, con il primo amore, con le amicizie andate, come la sua vita sia stata qualcosa di ben diverso da quello che ha raccontato o solamente creduto negli ultimi 40 anni. Non c’è niente di eccezionale in questo libro e nemmeno di sensazionale, ma la citazione iniziale si insinua e non ci abbandona, rimestando sul nostro vissuto e sulle convinzioni che fino, a un attimo prima, avevamo.

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Libri/4 Limonov, quello che vorremmo essere ma non saremo mai

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E’ più l’Henry Chinaski di Bukowski o il Giovanni Lindo Ferretti della sua precedente vita da punk filosovietico? Né l’uno né l’altro. O entrambi insieme. E forse questa miscela di vita disperata e dissoluta alla Chinaski e questa voglia di rendersi provocatorio sempre, comunque e dovunque (come quando il cantante dei Cccp saliva sul palco e si infilava le pallottole in corpo) a rendere la vita di Eduard Limonov – e di conseguenza il libro di Emmanuel Càrrere (Adelphi edizioni) – straordinaria. Per Limonov il politicamente scorretto è la sua ragione di vita, una presa di posizione permanente nel continuo ricambio di coordinate sociali, politiche e culturali. Non sta dove sta la maggioranza o con quelli che dicono: “Questa è la cosa giusta”. Sta sempre dall’altra parte. Destinato alla sconfitta, ma non un loser, un perdente di successo. Anzi, è l’immagine riflessa nello specchio di quello che vorremmo essere, ma che spesso per convenienza, buonismo e quant’altro non siamo.  E forse non saremo mai. Ci piacerebbe rischiare di più, osare, provocare, distruggere miti, costruiti sapientemente a tavolino. Vorremmo essere degli iconoclasti in servizio effettivo e permanente per bruciare icone che assomigliano, a ben pensarci, a degli specchietti per allodole. Ci piacerebbe guardare dritto negli occhi, senza mai abbassare i nostri, i potenti di turno, qualora solo ci capitasse l’occasione, senza mostrare particolare riverenza. Ci piacerebbe anche che le storie non siano per forza costruite con un lieto fine, quando è impresa abnorme trovarne uno. Ci piacerebbe che il nostro flusso di coscienza non fosse minimamente mediato. Ci piacerebbe essere rivoluzionari senza essere narcisisti. Ci piacerebbe frantumare, magari solo per un giorno, quell’insieme di abitudini, convenzioni linguistiche, teorie buoniste che confezionano quel politicamente corretto che incide pesantemente sull’unidimensionalità umana (senza scomodare Marcuse). Detto questo, il suddetto Limonov, per non rischiare che ciò diventi una sua apologia, si batte anche per cause pessime e fa anche cose assai deprecabili. Ma è il modello Limonov, lui come idealtipo a conquistare il lettore. Una vita tutt’altro che ordinaria. Anche se non da eroe.

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