Charlie e gli Stones: come batte (forte) il tempo

E’ perfino banale dirlo, ma è giusto ricordarlo proprio oggi a imperitura memoria: dietro a una grande band, c’è sempre un grande batterista. E oggi se ne è andato il migliore: Charlie Watts, 80 anni, l’altra faccia dei Rolling Stones, l’alter ego di Jagger e Richards. Ma come ammise, con un certo candore, lo stesso Richards: “Molti pensano che gli Stones siano Jagger e Richards, ma non ci sarebbero gli Stones se non ci fosse stato Charlie Watts”. Sir Charlie. Batterista atipico, più roll che rock, non menava colpi al centro delle pelli, ma l’uso del rullante (ad esempio) – il suo personalissimo uso – è il valore aggiunto di una manciata di canzoni dei Rolling Stones. Una su tutte: Gimme Shelter. Provate a eliminare il rullante di Charlie e la canzone s’impoverirebbe così tanto, da risultare irriconoscibile. Lo pensavamo, come gli altri della band, immortale. L’abbiamo scoperto mortale. Proprio quando gli Stones stavano per lanciare l’ultima appassionante sfida al tempo che scorre: un nuovo tour “dimentico” di acciacchi vari di esponenti di un certo livello della terza età e con un peso anagrafico tutt’altro che irrilevante. Charlie, molto più umano e meno star dei suoi ultracinquantenari compagni di viaggio, ma non meno protagonista. Senza bisogno solo di ricorrere ai silenzi e affidarsi eventualmente al proprio ruolo ritmico nella band. Perché Charlie parlava. E anche quando non lo faceva con la musica, sapeva essere tagliente. Sapeva incidere nel vivo anche sull’ego di Jagger e lasciarlo senza parole. Quando Mick gli chiedeva: “Ma è vero che te ne vai dalla band?”. E lui: “Not true”. Senza aggiungere un’altra sillaba alla telegrafica risposta. Era l’anti Stones (almeno nello stile di vita), pur essendo a pieno titolo uno Stones. Poche droghe, un solo passaggio con l’eroina già in età matura negli anni 80 immediatamente archiviato (e Richards che con il suo solito stile: “Non è mai troppo tardi per cominciare”), sesso solo con una sua moglie Shirley e un rock’n’roll speziato dalla formazione jazzistica che non aveva mai abbandonato come sentiero per un’altra vita musicale o solo per una scappatella. Un look da lord inglese che gli è valso il riconoscimento di Vanity Fair. Non girava mai sbracato, ma sempre tirato a lucido. Come quella notte in cui Jagger, al culmine di un party notturno, esagerò, lo chiamò al telefono e disse: “Dov’è il mio batterista?”. Lui mezzo assonnato, si vestì in fretta, ma senza nemmeno un capello fuori posto e con due gocce di acqua di Colonia, si presentò alla porta di Jagger, rifilandogli un cazzotto: “Non sono il tuo batterista, sei tu il mio cantante”.

Che il tempo gli si stesse stringendo attorno, l’avevamo capito qualche settimana fa, quando aveva annunciato che non avrebbe partecipato all’ultimo tour degli Stones. Che la situazione sarebbe precipitata in così poco tempo, nessuno poteva pensarlo. O solamente immaginarlo. Anche perché una battaglia con la malattia l’aveva già vinta diciassette anni fa (cancro alla gola). Il cuore – pare – che sia arrivato a presentargli il conto. Senza tanto preavviso poi e dopo un’operazione chirurgica d’emergenza. “Per una volta sono andato fuori tempo”, aveva detto quando era stato costretto a rinunciare alle prove per l’imminente tour degli Stones. Ci aveva scherzato su, anche perché quella poteva essere solo una battuta. Ha sempre battuto il tempo dei Rolling Stones in modo netto, nitido, senza mai una sbavatura. E battendo il tempo musicale, ha battuto anche il tempo delle nostre vite. E anche per questo ci illudevamo che fosse immortale.

Contrassegnato da tag ,

Lascia un commento